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Mi iscrivo al Polo della Nazione

Mi iscrivo al Polo della Nazione, un sogno che ho atteso a lungo e che ora sembra finalmente realtà. E lo faccio in attesa che, da Polo, diventi Partito.

Il segretario che vorrei

Lorenzo Cesa ha annunciato che non si ricandiderà alla segreteria dell’Udc e che spera che a succedergli sia un giovane quarantenne. E’ una notizia meravigliosa, perché scuote (almeno un po’) lo stantio panorama politico interno al nostro partito; ovviamente adesso si apre il toto-nomi. Ed è un bene che si apra, perché abbiamo un disperato bisogno di confronto (e anche di scontro se volete); i nomi non ci mancano. Io da parte mia ne butto avanti due: Roberto Rao e Roberto Occhiuto, due giovani parlamentari che hanno dimostrato in questi due anni grandi capacità e hanno tutte le carte in regola per aprire una nuova fase. L’importante – ma questo vale per tutti gli altri nomi – è che non si tratti di giovani solo anagraficamente; i possibili candidati devono saper esprimere una visione della politica e della società assolutamente nuova, slegata dai vecchi schemi e dalle vecchie ideologie: devono essere “laici” nell’approccio soprattutto con la nostra ricca tradizione democristiana; devono avere la forza di concludere una transizione del nostro Partito verso nuovi lidi iniziata e mai finita; devono essere freschi e puliti (in ogni senso); non devono avere legami pesanti con la vecchia nomenklatura; devono sapere cos’è Twitter, cos’è Facebook, perché la banda larga è indispensabile per il nostro sviluppo; devono essere carismatici, senza essere leaderistici; devono sapere che diventando segretari, rappresentano il popolo che li vota, non sono i portavoce di Tizio e di Caio; devono essere pronti a mettere la faccia, a rischiare quando serve, devono saper comunicare sempre con il proprio popolo; devono essere repubblicani, patriottici e liberali; devono saper convincere i giovani a votare per noi; devono essere europei, colti, istruiti; devono saper rappresentare la parte migliore della nostra Italia. Chiedo troppo?

[PS: E come mi suggerisce un amico, non sarebbe nemmeno male se si aprisse alle primarie, non credete?]

Impressioni Milanesi

Live from Milan, vi racconto – prima dei quotidiani – il vero senso dell’atteso discorso di Albertini all’Assemblea dell’Udc (e ovviamente, cosa dobbiamo aspettarci dal Terzo Polo in salsa meneghina). Trovate tutto qui.

Brunetta, facce sognà

Ricorderete sicuramente che qualche giorno fa ho già parlato della necessità di “liberare” il WiFi e diabolire l’inutile e anacronistico Decreto Pisanu. Oggi giunge una bella notizia: il Ministro Brunetta, intervenendo al Future Center Telecom ha fatto sapere che durante il prossimo Consiglio dei ministri si dovrebbe esaminare l’abrogazione dell’art. 7 della legge Pisanu sull’obbligatorietà del deposito dei dati anagrafici sulle reti WiFi. «Il ministro Maroni – ha sottolineato Brunetta – si è detto disponibile e penso che dal prossimo Cdm si potrà liberare la rete».

Prendiamo per buone le parole del Ministro Brunetta, anche perché rappresentano un deciso cambio di marcia rispetto a quelle di un altro ministro, Elio Vito, che durante il question time dell’On. Roberto Rao, qualche giorno fa, arrivò a difendere il Decreto Pisanu, definendolo un’ineludibile sistema di sicurezza.

Ora non ci resta che vedere cosa accadrà al prossimo Consiglio dei Ministri in merito alle modifiche dell’art. 7 del decreto Pisanu sul WiFi: siamo curiosi di sapere se le parole di Brunetta rappresentano la linea guida del Governo o se si tratta di opinioni isolate. Internet – e quindi il libero accesso al suo utilizzo – rappresentano non solo una delle più alte espressioni della nostra libertà, ma soprattutto una nuova frontiera per lo sviluppo dell’economia e della società. Dare la possibilità di consultare Internet in ogni momento e con ogni comodità, significa garantire ai propri cittadini l’apertura al mondo più moderno e tecnologicamente avanzato. Vi faccio un esempio: un istituto scolastico dotato di connessione Wi-Fi è considerato all’avanguardia, quasi offrisse un servizio fuori dal comune. E invece no. Perché ogni scuola, di qualsiasi ordine e grado, dovrebbe essere dotata di questo tipo di connessione. In fondo, quale mezzo migliore esiste per evitare che Internet diventi una perdita di tempo se non quello di insegnare, sin da piccoli, a integrarlo – in modo sapiente e costruttivo – nella propria vita? Dai libri alle ricerche, dallo svago allo studio.

Ho già avuto modo di sottolineare come la proposta di legge portata avanti dall’Udc (con il concorso di Api, Pd e FLI) rappresenta un ottimo passo verso il futuro, verso una nuova alfabetizzazione. I vantaggi che si potrebbero ricavare sono immensi: la possibilità di un maggior coinvolgimento della gente comune, un avvicinamento sempre maggiore tra i quadri dirigenti della società e la base, una maggiore circolazione di informazione libera e veramente indipendente.

Se il dibattito che si svolgerà in Consiglio dei Ministri (così come ha promesso il Ministro Brunetta) andrà in questa direzione, vorrà dire che il lavoro che è stato svolto finora è stato ben fatto, perché determinerà novità positive ed utili per lo sviluppo tecnologico del settore e favorirà quella parte di cittadini colti, ben informati e attivi che devono essere un modello per tutti noi. Se invece, il CdM preferirà chiudersi a riccio in una posizione stantia e vecchia, continuando a sostenere che il Decreto Pisanu rappresenta una buona cosa, vorrà dire che occorrerà andare avanti con le iniziative bipartisan già intraprese, sperando di finirla di rincorrere ciò che altrove è già passato.

Il Decreto Pisanu va abolito. Subito.

Da cinque anni in Italia c’è una legge che tutti (da Destra a Sinistra) hanno sempre definito sbagliata. Da cinque anni, però, nessuno ha mai presentato una proposta seria per abolirla. Oggi, finalmente, quel santo giorno sembra essere arrivato. Stiamo parlando, ovviamente, del Decreto Pisanu e della proposta di abolizione firmata da Rao, Lanzillotta, Barbareschi e Gentiloni. Poco fa alla Camera si è proprio tenuto un question time sull’abrogazione di questo Decreto, illustrato proprio dall’On. Rao (sotto il resoconto stenografico) e tutto fa pensare che questa volta, gli estremi per avvicinarci un po’ di più all’Europa e a un rapporto sano con la modernità ci siano tutti. Il Decreto Pisanu, infatti, è superato per una serie di diversi motivi. Primo, perché fu pensato come argine per il rischio di terrorismo informatico, forma di terrorismo mai avvenuta sul nostro territorio. Secondo, perché l’Italia è un Paese fortemente tecnologizzato, ma con un handicap fortissimo, quello di non avere lo Stato dalla propria parte. Da noi ci sono infatti 4.806 punti di accesso Wi-Fi (in maggioranza privati), mentre in Francia ce ne sono 5 (cinque) volte di più. Prova ne è il fatto che se negli altri Paesi mezzi come I-Pod, I-Pad o Smartphone sono esclusivamente Wi-Fi, da noi sono in maggioranza Edge (dato che non ci sono punti di accesso). Terzo, perché frenare l’espansione del Wi-Fi libero è controproducente per l’economia e la nascita di nuove forme di investimento.

Senza dubbio il grande male del decreto Pisanu è contenuto nel suo primo comma (che impone la richiesta di un’autorizzazione al questore per condividere un po’ di connettività tra gli avventori del proprio esercizio commerciale) e nel quarto (il quale sancisce il famigerato obbligo di identificazione a mezzo carta d’identità nonché di logging della clientela). In parole semplici, il gestore che offre il servizio deve registrare l’utenza che ne usufruisce: se quindi mi connetto ad Internet tramite un punto di accesso Wifi, vengo automaticamente schedato. Un vero e proprio abominio dal punto di vista intellettuale e sociale. Un inutile e dannoso adempimento burocratico dal punto di vista giuridico. Scorrendo le varie statistiche, ci si può bene rendere conto di come l’Italia sia sistematicamente tra gli ultimi Paesi in Europa, a fianco di Romania e Bulgaria, per tutto quanto riguarda Internet e informatica. Ciò che più colpisce è la fotografia sociale che ne risulta: metà dei nostri cittadini non ha mai usato un computer (a fronte di un’altra metà, quella più giovane, che però è più che al passo con i tempi); sono indietro anche le imprese, che investono decisamente meno di quelle tedesche o inglesi in tecnologie dell’informazione (e qui ne paga chiaramente il nostro livello di concorrenza); è complessivamente indietro la pubblica amministrazione, nonostante i periodici annunci di rivoluzioni digitali (vero Ministro Brunetta?). Il tutto, perché, non ci sono leggi che valorizzino e supportino un uso sapiente e costruttivo di Internet nella vita di ciascuno di noi. E qual è, secondo voi, la madre di questa mancanza? Proprio il Decreto Pisanu, che – nel 2005 – rappresentò un tipo di risposta sbagliata (perché generalizzata e superficiale) a un serio problema come quello del terrorismo. Perché non è certo chiudendo le porte ad Internet che si impediscono gli attentati.

Altro punto, molto interessante, che a nostro avviso merita di essere portato all’attenzione di tutti il prima possibile è il fatto che il Governo italiano non abbia ancora liberato le frequenze necessarie per ampliare le reti mobili, cosi che navigare in Internet con le chiavette internet è sempre più difficile. Eppure, come spiega un rapporto realizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano, gli italiani che navigano attraverso la rete mobile sono saliti alla fine dell’estate a 12 milioni, il doppio dei sei milioni di inizio 2009. Questo significa che, per gli operatori, vendere l’accesso a Internet attraverso la rete mobile sta diventando un business, stimato a fine 2009 in circa 1,24 miliardi di euro (più 30 per cento rispetto al 2008). Una miniera d’oro, che però non viene adeguatamente sfruttata, per il discorso di cui sopra: a fronte di pochissime frequenze, il traffico sta diventando eccessivo. Il rischio di collasso è dietro la porta. Inoltre è chiaro a tutti che le tariffe italiane sono tra le più salate d’Europa, mentre la velocità effettiva di navigazione è circa un quinto di quella promessa. In Austria e Finlandia bastano 10 euro al mese e si naviga quanto si vuole, ovunque; in Germania e in Spagna bastano 17 euro. Un sogno per gli utenti del nostro Paese.

Ecco perché la notizia della proposta congiunta Udc-Pd-Fli-Api è una bella notizia. Perché, finalmente, avremo la possibilità di liberarci di uno di quei fastidiosissimi e retrogradi laccioli burocratici che frenano il lavoro, lo svago e l’impegno di cittadini moderni, attivi e ben informati. La parte migliore della nostra Italia.

[Qui l’appello de L’Espresso; qui il testo della proposta Udc, Pd, Fli, Api; qui il resoconto stenografico del question time in Aula oggi di Rao]

Chianciano 2010: le mie interviste

Videopresentazione del Laboratorio delle Idee a Chianciano.

Intervista a Gianpiero Zinzi, coordinatore nazionale Giovani Udc.

Intervista all’On. Ferdinando Adornato, coordinatore nazionale della Costituente di Centro.

Intervista all’On. Savino Pezzotta, presidente della Rosa Bianca e della Costituente di Centro.

Intervista all’On. Enzo Carra, deputato Udc e presidente dell’associazione Visioni Contemporanee.

Soddisfazioni

Sono stato citato nello stato personale di Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc. Dedico questa foto ai miei amici. A tutti quelli che hanno creduto e continuano a credere in me. A tutti quelli che mi sono vicini e con cui lavoro fianco a fianco ogni giorno. E anche a tutti quelli che pensano che tutti i politici, indistintamente, sono lontani dalla gente (e dai giovani, in particolar modo). Questa foto è la prova che un’altra Politica, fondata sulla cooperazione proficua tra “i giovani e i vecchi” (per dirla alla Pirandello) è più che auspicabile. È necessaria.

Country Party, country first

Nella tradizione anglosassone c’è un’espressione: country party, cioè Partito della Nazione. Io credo che l’Udc debba qualificarsi innanzitutto così, come il Partito della Nazione. Non perché abbia un’aspirazione egemonica e totalizzante. Ma, al contrario, perché deve porsi al servizio degli interessi generali, del bene comune. Un partito moderno, liberale e moderato, perno di un’ “Alleanza del Futuro”, di cui noi rappresentiamo l’embrione, il punto da cui ripartire per costruire un nuovo cammino. Ma un partito così ha senso se riesce non tanto a staccare correnti o pezzi di nomenklatura ai partiti maggiori, quanto a raccordarsi con i settori poco rappresentati nella politica attuale. Con i lavoratori dipendenti stanchi di essere superati in autostrada dai Suv degli evasori cui pagano le medicine e le scuole ai figli, indignati con un governo pronto a varare condoni e scudi vari e delusi da una sinistra che nel 2006 aumentò l’aliquota Irpef proprio al ceto medio dipendente; con i giovani professionisti delusi da una politica gerontocratica e gerontofilia, incapace di ascoltarli; con le famiglie, numerose e non, al centro di continui proclami e spot, rimaste in attesa del miraggio del quoziente familiare. Il nuovo partito dovrà essere quindi in grado di stipulare un’alleanza forte e coerente con i ceti e le categorie che rappresentano la vera ricchezza d’Italia e che invece non sono adeguatamente rappresentate. Molti italiani trarrebbero vantaggio da una politica che premiasse il merito e imponesse la responsabilità, che riconoscesse i diritti e facesse rispettare regole e doveri.

Ecco qual è la mia idea di Centro. Ecco qual è la mia idea di Partito della Nazione. Per il bene dell’Italia tutta!

Quali sono le nostre priorità

Per Estremo Centro Sicilia ho scritto un pezzo sull’appuntamento annuale dell’Unione di Centro a Chianciano Terme e su quali devono essere le priorità del nuovo Partito:

Questa è l’Estate dei Moderati, di un vasto e composito quadro di uomini “liberi e forti” (per usare un termine a me molto caro) che si sono stancati di rimanere ingabbiati in un “bipolarismo forzato” e che vogliono costruire sul serio la nuova “Alternativa”. Costruita sui temi concreti e, purtroppo, dimenticati: la difesa delle istituzioni democratiche fino in fondo, contro ogni cesarismo; un lavoro di ricucitura del Paese, anziché di divisione; riforme in grado di riattivare il nostro circuito sociale ed economico; la volontà di ridare ai cittadini il diritto di scegliere direttamente i propri rappresentanti (con il ritorno al proporzionale e al voto di preferenza); la concretizzazione di una vera “rivoluzione liberale”, con l’eliminazione degli sprechi eccessivi, degli enti inutili e delle burocrazie superflue; una convivenza armonica e rispettosa tra laici e cattolici; il ripudio di ogni fanatismo ed estremismo. Ci siamo sempre confrontati su questi temi, e proprio su queste fondamentali tematiche abbiamo costruito il nostro futuro: ci siamo battuti con forza, consci di essere minoranza, ma convinti di poter costruire la maggioranza. Altro che Terzo Polo. Qui si lavora per costruire il Primo, sia chiaro. Il Polo della ragionevolezza, della responsabilità, del futuro.

Tar dixit

‎L’onorevole Deodato Scanderebech ha tradito lo spirito della legge regionale, ha tradito gli elettori dell’Udc, ha tradito addirittura tutto il corpo elettorale che non può tollerare sulla scena elettorale soggetti o compagini che operano con sotterfugi e ordiscono trame fallaci per gli elettori.

E ora si ritrova deputato. Alla faccia dell’onesta e della coerenza.

[Lettura consigliata: Prendi la mira, ma poi spostati subito]